Fine della campagna olivicola, a Terlizzi per i lavoratori stagionali immigrati al danno si aggiunge la beffa
La loro presenza è stata “tollerata” finché sono stati utili come lavoratori stagionali per la campagna olivicola, costretti a vivere nei casolari abbandonati disseminati nell’agro del Comune di Terlizzi in condizioni di estrema precarietà.
Sono i circa 150 immigrati che, a pochi giorni dalla conclusione della raccolta, sono stati avvicinati dagli agenti della Polizia Locale, i quali hanno intimato loro – senza addurre particolari motivazioni – di lasciare subito i capannoni, minacciando in caso contrario il trasferimento coatto nei Centri di espulsione. Fino a questo momento, la loro permanenza è stata resa dignitosa grazie all’impegno del Coordinamento accoglienza migranti, di cui fanno parte organizzazioni del terzo settore, associazioni e movimenti cittadini, la Caritas locale e alcune realtà parrocchiali, che ha garantito una doccia settimanale e aiuti concreti. Ma ora hanno paura, temono il rimpatrio, la notte sono costretti ad accamparsi nelle tende o addirittura all’addiaccio.
A denunciare il reiterarsi, anno dopo anno, di questa incresciosa situazione, sono gli operatori dell’unità di strada della Comunità Oasi2 San Francesco onlus, secondo i quali parte della responsabilità sarebbe da addebitare a un’Amministrazione comunale assente, o perlomeno distratta e noncurante di quanto accade sul suolo cittadino, oltre che sorda ai bisogni che da esso provengono. Durante un incontro pubblico con le associazioni del terzo settore e con i sindacati, svoltosi – dopo una serie di solleciti – lo scorso 18 novembre, si era detta disponibile alla messa a disposizione di una struttura dedicata per accogliere queste persone. Dichiarazioni purtroppo seguite da un nulla di fatto.
Al danno di non essere mai stati accolti realmente («Sono anni che vengo qui stagionalmente per lavorare, e non trovo mai nessuno che voglia fittare una casa», racconta uno di loro, proveniente dal Marocco), si aggiunge per questi ragazzi la beffa di essere letteralmente “cacciati” nel momento in cui non siano più ritenuti “utili” a soddisfare le esigenze del territorio.